Milano negli anni 70 era un posto interessante dove stare, se non dovevi guardarti le spalle da spranghe e chiavi inglesi e riuscivi a schivare le pallottole. Era un periodo cupo ma autentico che lasciava spazio ancora agli eroi: quelli del male, tipo Francis Turatello e quelli del bene come il super-capo della mobile Michele Serra, uno che del suo nemico storico e giurato, Vallanzasca, oggi dice che ha avuto certamente meno fortuna di lui. E poi c'erano i romanzi di Giorgio Scerbanenco, un geniale emigrato ucraino che di Milano ha ritratto ombre, delitti e qualche abbagliante sprazzo di luce. E poi c'era Tomas Milian, un cubano con la faccia da figo che ha dato volto agli eroi e antieroi di quegli anni diventando per quasi due decenni la faccia di quel sottogenere cinematografico detto “poliziottesco”, per distinguerlo dal più “nobile” poliziesco di provenienza oltre-oceanica. E se quel genere oggi è un cult, non è per via del trash: è perché era cinema vero, della strada, della gente, con storie meno che credibili, perché drammaticamente quotidiane. E poi c'era la musica, e quella fortunatamente c'è ancora. C'è un gruppo, nato a Milano nel 2007, che col jazz, col funk, con l'alt-rock ci riporta nel poliziottesco più puro regalandoci una suggestione diacronica: essere lì, in macchina con Tomas Milian, a scappare o a inseguire, a seconda. Si chiamano Calibro 35 e hanno deciso di non far morire quelle atmosfere
H 21.30
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