“Tutto
il mio folle amore”, di e con Alberto Astorri e Paola Tintinelli, si apre con una morte, forse quella del poeta, ma anche quella di un
mondo che ha sofferto sulla propria carne la degradazione e il
deserto cresciuto intorno.
Un
deserto voluto da una classe dominante che ha creato una nuova forma
di potere e quindi una nuova forma di cultura, quel potere dei
consumi che ha ricreato e deformato la coscienza del popolo italiano
fino ad una irreversibile degradazione. “L’anima
del popolo italiano”
scrive Pasolini negli scritti corsari, “non
solo l’ ha scalfita, ma l’ ha lacerata, violata, bruttata per
sempre..”.
E
forse si può rintracciare il senso di questo spettacolo che è
ancora un lavoro aperto, a partire dai due corpi di attori,
ora inquieti ora smarriti, ora teneri ora furibondi, due corpi-voci
per dar vita allo sguardo sul mondo del profeta Pasolini, che prima
di tutto è sguardo e poi si articola in un discorso complesso.
I
conflitti di un sentimento che vive la rabbia per lo scandalo ma
anche l’incanto per il sogno che rigenera.
E
intanto si delinea la parabola del poeta Pasolini, dalla poesia
friulana, come lingua sacra degli esclusi, di chi vive ai margini
della storia, fino agli ultimi scritti di denuncia sociale e
politica.
E
infine la presenza continua in scena di uno stato di innocenza
espressa sia attraverso il cinema quale forma d’espressione
popolare a Pasolini più cara, sia attraverso la passione del gioco,
ora quello del calcio, ora quello infantile.
Una
presenza salvifica, quella del gioco come stato di grazia, come
purezza dell’animo umano, atto d’amore e balsamo tra le ferite di
un poeta profeta che ha teso la sua disperazione verso un’alta
dimensione etica della vita, del mondo, delle cose.
H 21.30
Ingresso gratuito